Il grande dibattito sulla "questione della sinistra italiana" ha registrato interventi di personaggi pubblici di ogni estrazione, di ogni tipologia e professione. I movimenti, le correnti ed i gruppi spontanei si avvicendano, discutono, dibattono. Ci si incontra spesso, tutti insieme, con partecipazioni di massa a manifestazioni, eventi e convegni: 11 ottobre, 30 ottobre, 25, 12... vecchi amici di infanzia.
Queste occasioni di outing di un vago "orgoglio di sinistra" contano ben poco nella partita a scacchi delle alleanze strategiche, come sempre contano di più "i fatti" e "le dichiarazioni".
Passi la scarsa affluenza, passi la differenza tra regioni, passi anche la situazione pre-elettorale e passi anche il meccanismo dell'"alternanza democratica" tipicamente amerikopiduista. Quello che appare con violenta evidenza è la diversa composizione degli schieramenti, anzi per essere precisi i differenti sostenitor dei candidati. Questo (ahimè) costituisce un serio banco di prova per un colosso dai piedi di argilla.
Il gioco delle somiglianze: scorrendo gli articoli e le dichiarazioni c'è una parola che echeggia spettrale nell riflessioni leaderistiche e verticiste: cambiamento. Quale sia ancora non si sa, noi aspettiamo "il vento del cambiamento", la ventata di innovazione... ma un atroce dubbio m'assale: sì, quale cambiamento?
Allora ricordo uno sketch di Crozza di qualche anno fa: "No se puede peggiorar, o forse sì, con l'UDC".